Negli anni ’60, si sviluppa negli Stati Uniti una nuova forma di arte popolare, la Pop Art. Questa nuova arte rivolge la propria attenzione agli oggetti, ai miti e ai linguaggi della società dei consumi.
Pop=popular, cioè, non arte del popolo o per il popolo, ma come arte di massa, prodotta in serie.
L’arte che la rappresenta, deve essere il più possibile anonima, perché deve essere compresa e accettata da un numero illimitato di persone.
Le opere sono volutamente banali e di tipo quotidiano, si può ritrovare un ossessivo martellamento pubblicitario, il consumismo, il fumetto,..., gli artisti pop, si appoggiano principalmente a questo. La bottiglietta di Coca Cola, la striscia di fumetti, la moda, le immagine di attrici, cantanti,..., possono essere e sono stati spunti per loro.
Quindi, si può sintetizzare in questo modo: la Pop Art attinge i propri soggetti dall’universo del quotidiano e fonda la propria comprensibilità sul fatto che quei soggetti sono per tutti assolutamente noti e riconoscibili.
L’intervento artistico, tocca solo la manipolazione di questi stessi soggetti, che possono essere ripetuti all’infinito, colorati in modo assurdo, decontestualizzati,...
Comunque la Pop Art usa lo stesso linguaggio della pubblicità.
L’artista, di conseguenza, non trova più spazio per alcuna soggettività, diventa puro manipolatore d’immagini, oggetti, simboli, già fabbricati a scopo industriale, pubblicitario o economico.
Gli artisti pop non sono dei ribelli, loro vivono in simbiosi con il sistema comunicativo e pubblicitario dal quale, appunto, traggono i propri spunti.
Queste opere sono spesso più curiose e strane piuttosto che provocatorie, e il loro contatto con la realtà è più ironico che sarcastico.
Per concludere, posso dire che la Pop Art è dunque arte di consumo.
Andy Warhol: “la bellezza di questo paese consiste nel fatto che l’America ha creato una tradizione per cui i consumatori ricchi comprano in sostanza le stesse cose dei poveri. Sediamo davanti al televisore e beviamo la Coca Cola, sapendo che il presidente beve Coca Cola. Liz Taylor beve Coca Cola: perciò pensiamo che anche noi possiamo bere Coca Cola”.
Pop=popular, cioè, non arte del popolo o per il popolo, ma come arte di massa, prodotta in serie.
L’arte che la rappresenta, deve essere il più possibile anonima, perché deve essere compresa e accettata da un numero illimitato di persone.
Le opere sono volutamente banali e di tipo quotidiano, si può ritrovare un ossessivo martellamento pubblicitario, il consumismo, il fumetto,..., gli artisti pop, si appoggiano principalmente a questo. La bottiglietta di Coca Cola, la striscia di fumetti, la moda, le immagine di attrici, cantanti,..., possono essere e sono stati spunti per loro.
Quindi, si può sintetizzare in questo modo: la Pop Art attinge i propri soggetti dall’universo del quotidiano e fonda la propria comprensibilità sul fatto che quei soggetti sono per tutti assolutamente noti e riconoscibili.
L’intervento artistico, tocca solo la manipolazione di questi stessi soggetti, che possono essere ripetuti all’infinito, colorati in modo assurdo, decontestualizzati,...
Comunque la Pop Art usa lo stesso linguaggio della pubblicità.
L’artista, di conseguenza, non trova più spazio per alcuna soggettività, diventa puro manipolatore d’immagini, oggetti, simboli, già fabbricati a scopo industriale, pubblicitario o economico.
Gli artisti pop non sono dei ribelli, loro vivono in simbiosi con il sistema comunicativo e pubblicitario dal quale, appunto, traggono i propri spunti.
Queste opere sono spesso più curiose e strane piuttosto che provocatorie, e il loro contatto con la realtà è più ironico che sarcastico.
Per concludere, posso dire che la Pop Art è dunque arte di consumo.
Andy Warhol: “la bellezza di questo paese consiste nel fatto che l’America ha creato una tradizione per cui i consumatori ricchi comprano in sostanza le stesse cose dei poveri. Sediamo davanti al televisore e beviamo la Coca Cola, sapendo che il presidente beve Coca Cola. Liz Taylor beve Coca Cola: perciò pensiamo che anche noi possiamo bere Coca Cola”.
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